giovedì 17 agosto 2017

Cresce il PIL: una buona notizia?


Come il tonno che si taglia con un grissino, perché è composto da frattaglie anziché da pregiati filetti, dalla politica ci vengono sbattuti in faccia dei dati che secondo loro dovrebbero certificare dei cambiamenti in positivo ma invece, nella migliore delle ipotesi, sono spesso insignificanti.
L'era Monti è stata quella dello spread - che sostanzialmente significa differenza o differenziale - che è stato utilizzato per giustificare dei provvedimenti gravemente lesivi dell'interesse nazionale e dei cittadini ma che in realtà è pressoché ininfluente sull'economia reale, quella fatta di lavoro, domanda ed offerta di beni materiali e servizi.
Poi forse la maggioranza della gente ha cominciato a subodorare l'inganno ed i media di regime si sono affrettati a riportare l'attenzione del pubblico sul Prodotto Interno Lordo, il famigerato PIL che quando non cresce è lutto
nazionale anche se poco o nulla ha a che vedere con il benessere individuale.

Dagli ultimi dati ufficiali - per la verità non ancora confermati - il PIL risulta aumentato dell'1,5% che sembra anche tanto se non lo si va a paragonare ad esempio con quello dell'Angola - stato africano - che in un periodo corrispondente è cresciuto del 150% ovvero 100 volte di più.
Ad onor del vero è anche più facile che si verifichi un simile aumento percentuale in un Paese "povero" che in uno dei più ricchi del mondo, e per giunta in recessione economica, com'è l'Italia.
Ma com'è possibile che il PIL cresca in un Paese in recessione?
Semplice: il PIL comprende molti fattori, compresi alcuni che non apportano alcun miglioramento dello stato di benessere sociale.
Ad esempio, possiamo ipotizzare che il dato emergente sia stato sostenuto anche dalle nostre industrie degli armamenti - tra le migliori al mondo e partecipate azionariamente anche da Stati come il Vaticano - sia come export grazie alle sempre nuove guerre americane, sia verso il mercato interno che corre ad armarsi visto il crescente stato d'insicurezza sociale.
Ma di sicuro, un sostanzioso impulso al PIL - e lo avevo previsto a suo tempo - è provenuto provvidenzialmente anche dal terremoto. Eh sì perché il PIL cresce anche in caso di terremoti, incendi a tappeto, alluvioni e catastrofi varie. Questo dovrebbe essere sufficiente a far capire che il PIL non misura affatto il benessere ma serve solo al sistema capitalistico finaziario a prosperare.
Un'ancor più recente analisi sui consumi ne attesta la ripresa in base alla maggiore richiesta e quindi produzione di energia. Vero, m ail rapporto non tiene conto del fatto che questo aumento è stato determinato direttamente dal gran caldo, a causa del maggior utilizzo di sistemi di condizionamento! Equivale più o meno a dire che si sono vendute più roulottes grazie al terremoto.
La finanza, a differenza dell'economia reale, funziona unicamente in una condizione di crescita ed è per questo che ci sbandierano sotto il naso il dato del PIL come se anche per noi avesse una qualsiasi rilevanza, esclusi quelli di noi che investono in borsa o in altre attività legate alla finanza pura, senza produzione di beni e servizi.

In ultimo, prima di ripassare - che fa sempre bene - il celebre discorso di Robert Kennedy che probabilmente gli costò la vita (assieme ad altre sue rivoluzionarie dichiarazioni d'intenti), va ricordato che nell'ultimo periodo in Italia, assieme al PIL è cresciuta la disoccupazione fino a stabilire il primato tra tutti i Paesi europei, è aumentato il numero di indigenti (circa 5 milioni!!) e continuano a chiudere in media 50 attività al giorno
E tutti questi dati si trovano in perfetto accordo con l'aumento del PIL.

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