martedì 18 ottobre 2016

Paesi diversi, luoghi comuni


In qualsiasi contesto ci si dibatta, generalizzare è sempre un errore che però si può compiere anche senza malizia perché rende inutili degli sforzi analitici necessari per avere un quadro realistico della situazione di cui ci s'interessa.
Infatti, nell'economia di un colloquio tra conoscenti, siamo abituati a generalizzare anche per convenzione sociale. Quando ad esempio diciamo "americani di merda" è chiaro che non è assolutamente nostra intenzione riferirci al Popolo americano in quanto tale ma alle scellerate e guerrafondaie lobby ed alle famiglie che detengono realmente il potere sulla politica e sulla vita dei cittadini.
In ogni caso, per quanto ne sappiamo, non potremo mai avere un'idea totalmente realistica di cos'è, cosa pensa e come si comporta un cittadino americano medio perché anche quello che pensiamo su di loro è fortemente
condizionato da luoghi comuni e, non dimentichiamolo mai, i popoli sono composti da individui che, come in tutti gli animali più evoluti, non hanno né un carattere né un'indole del tutto "standard" ma sono, appunto, individui. 
Li immaginiamo (mediamente) come consumatori qualunquisti nei confronti dei loro governi ed invece il fatto che due terzi di loro non vada a votare è dovuto alla loro consapevolezza che le elezioni sono una farsa e che tutto è già deciso a monte.
E anche tra quelli che vanno a votare, non è detto che si tratti di ingenui totali: se Trump continua ad essere in vantaggio nei sondaggi (i dati più recenti lo vedono al 49,9% contro il 43,3 della sua avversaria) vuol dire che molti americani sono perfettamente coscienti che secondo i programmi di quest'ultima, rischiano (anzi lo stanno già facendo) di scatenare una Terza Guerra Mondiale. E non solo: oltre il 40% dell'elettorato si dichiara certo che al momento dello spoglio ci saranno brogli per favorire la Clinton - come già ipotizzato da questo blog - percentuale che supera il 70 se si considerano i soli elettori repubblicani.

La guerra dei grassi italiani
Da italiani, in giro per il mondo subiamo anche noi ed in modo particolare l'incasellamento in luoghi comuni e, se non apparteniamo a quel campione "medio" anzi mediatico che risponde a tutti i canoni riconosciuti, rischiamo di venir valutati in base a parametri del tutto falsi e "presuntuosi".
In Gran Bretagna, è recente lo scandalo degli scolari italiani identificati con tre codici che discriminano non solo la loro condizione di italiano generico ma anche, separatamente, di siciliano e di napoletano. Qualcosa a che vedere con la coscienza sporca di un'Inghilterra che ha fortemente voluto e determinato la fine di quell'avanguardia di civiltà che era il Regno delle Due Sicilie?
A meno che, secondo gli inglesi, i napoletani rubino per prassi ed i siciliani siano tutti mafiosi. In base a questo criterio potremmo affermare, forse a maggior ragione, che gli inglesi sono tutti sicuramente razzisti e violenti e che le loro donne si lavano poco o nulla. Purtroppo sono sempre gli esempi negativi che caratterizzano di più una persona o un intero popolo agli occhi della gente.

Negli States, gli italiani possono essere considerati, a seconda del loro status sociale e del loro modo di presentarsi: raffinati, mafiosi, sentimentali, truffaldini, colti, tradizionalisti, eccetera, il tutto anche a seconda del livello culturale di chi esprime il giudizio. Alcuni americani in gita in Italia si meravigliano perché da noi non esistono gli spaghetti con pezzi di carne in scatola che negli USA sono ritenuti un piatto tipicamente italiano, riportato come definizione perfino nel Wikipedia americano. Per contro, molti di loro sono convinti che Ferrari (auto) sia un marchio americano e che esista una parola "in italiano" per definire la pizza.

Emigrante. Meridionale?
Perfino parlando di noi stessi, compiamo degli errori di generalizzazione: se pensiamo ad un "tipico" emigrante italiano, non è facile che alla nostra mente appaia il meridionale con la valigia legata con lo spago? Eppure, tra gli italiani espatriati in giro per il mondo prevalgono i settentrionali, in particolare milanesi e veneti. All'origine di quest'errata convinzione, ci potrebbe essere il fatto che i nostri emigrati dal settentrione, nel tempo si sono integrati maggiormente nelle realtà locali dando meno nell'occhio e praticando professioni tecniche o agricole, mentre i meridionali sono quelli tendono a formare delle Little Italy dappertutto ricostruendo il loro piccolo mondo di famiglie allargate ed amicizie di una vita: sono in gran parte ristoratori, sarti, importatori o semplici commercianti di generi alimentari, insomma tutta gente che si distingue bene in un contesto sociale.

Generalizzare è il peccato originale che genera il razzismo. L'utilizzo di definizioni "politicamente corrette" (cioè false) al posto di quelle crude ma inequivocabili, spiana la strada alle generalizzazioni e rende indistinguibili i diversi aspetti della realtà.
La generalizzazione più in voga in questo momento - che ci sta causando danni enormi sotto l'aspetto economico e sociale, anche in prospettiva sul medio termine - è l'uso reiterato della definizione di "profughi" al posto di quella corretta di "migrante economico", visto che il 95% circa della massa non fugge da Paesi in guerra ma si è comprata un passaggio per l'Italia con una cifra che a casa loro costituisce una piccola fortuna. Cosa avranno detto loro dell'Italia per convincerli ad affrontare viaggi così costosi e rischiosi?
Dalla prepotenza con cui sono portate avanti le loro pretese, credo che nei loro Paesi, ci sia una propaganda ben organizzata che spieghi loro che presentandosi in Italia da migranti si possano godere solo una serie di diritti senza alcun dovere da osservare, la "giustizia" sia estremamente tollerante con i migranti ma implacabile con gli italiani che si ribellano, che possano approfittare impunemente dei nostri averi e delle nostre donne e che gli italiani siano in definitiva un popolo di inetti facilmente sottomissibili.
 Se così non fosse, non ci sarebbe alcuna spiegazione logica e razionale per motivare un flusso così intenso - quasi esclusivamente - di giovani maschi africani ed asiatici nel nostro Paese.