Stante la crescente precarietà della sicurezza pubblica, conseguenza diretta dell'imbastardimento etnico e culturale a cui è sottoposto il Paese, uno dei problemi pressanti è quello di definire un codice di comportamento a cui può si può attenere la vittima di un reato per scongiurarne le conseguenze, senza poi dover passare dalla parte del torto a termini di legge.
Partendo dal presupposto che di leggi ed affini so poco o nulla perché le ho quasi sempre subìte pur trovandomi SEMPRE dalla parte della ragione morale e, per contro, non ho quasi trovato mai vie legali atte a difendere i miei sacrosanti diritti, le considerazioni che andrò a fare vanno considerate in quell'ottica "gonzo" che rappresenta la... "linea editoriale" di questo blog.
1939 - Il Codice Rocco, in maniera hegeliana, prevedeva l'assoluta inadeguatezza del cittadino a difendersi che doveva quindi fare affidamento esclusivo sulle Forze dell'Ordine. Più o meno come ora.
1947 - La Costituzione Italiana, entrata in vigore il 1° gennaio dell'anno successivo, metteva al centro il cittadino e non più lo Stato quindi introduceva (credo) il concetto di Legittima Difesa purché fosse proporzionale all'offesa e lasciava quindi ai giudici la facoltà di accertare se la difesa opposta fosse realmente proporzionale al torto (eventualmente non) subìto.
1977 - Renato Vallanzasca, il folkloristico fuorilegge che imperversò in Italia negli anni '70, si trovò coinvolto assieme a due suoi compari in un conflitto a fuoco seguìto ad un posto di blocco da parte della Polizia Stradale. Nella sparatoria, lui stesso fu ferito e perirono uno dei suoi compagni ed i due poliziotti che avevano attuato il blocco. Il bandito non ha mai voluto scusarsi con le famiglie dei poliziotti deceduti e ciò non per disprezzo della vita e del dolore altrui ma per una semplice considerazione morale articolata più o meno in questo modo: "Io faccio il bandito, tu fai il poliziotto, è naturale che prima o poi ci scontriamo: di che cosa mi devo scusare se a morire sei tu invece che io?"
In fondo, il suo è un vero principio etico che comporta automaticamente una conseguenza: chi delinque e lo fa coscientemente, violando le norme della civile convivenza e dei diritti altrui, rinuncia automaticamente ai suoi diritti di cittadino onesto, se non altro perché onesto non lo è più. Applicando questo principio, chi non solo ha subìto un danno ma si trova nei guai con la Legge a causa di un'azione perpetrata da altri, quanto meno non dovrebbe ritrovarsi a vivere le conseguenze della beffa dei risarcimenti ai delinquenti o ai loro eredi.
Ma ci sarebbe anche un'altra considerazione, talmente logica da ricadere nella Terzo Principio della Dinamica: solo un'offesa può generare una difesa. Che senso ha perseguire chi si difende? Non è certo lui l'attore dell'azione, di cui una reazione è conseguenza naturale ed inevitabile. A meno di non riscrivere anche la fisica, oltre alla giurisprudenza.