venerdì 28 luglio 2017

Porto Santo Stefano: l'atto egoico di una mamma



A rigor di semantica moderna, il recente caso della vigilessa di Porto Santo Stefano che spara al figlio e poi si uccide andrebbe annoverato nella categoria dei maschicidi ovvero di quei delitti che vedono maschi vittime di femmine, specialità criminale purtroppo in aumento nel nostro Paese. Preciso che si tratta di un aumento reale, statisticamente comprovato, non come per i cosiddetti femminicidi che sono numericamente in calo dal 2005 anche se i media di regime ne parlano come se fossero in aumento.
Per chi si diverte a discriminare gli omicidi in base non solo al sesso di attori e
vittime come va di moda oggi, immaginando categorie di esseri umani che godono diritti diversi a seconda della loro condizione, sesso, razza o etnia, questo delitto andrebbe poi sotto-classificato nella categoria dei delitti di famiglia. In realtà, classificare i delitti può essere utile solo ad inquirenti e giornalisti: un delitto è e rimane un delitto identificato solo dalla sua natura specifica.

Il fatto più disgustoso che riguarda il comportamento dei media uniformati al Pensiero Unico, è che alcuni di essi non abbiano perso l'occasione per lanciare l'idea perversa che la mamma abbia ucciso il figlio come "atto d'amore", affermazione, nel contesto, talmente demenziale da equiparare le traduzioni teologiche della bibbia in cui si afferma che l'amore di Dio è grande perché stermina i nemici del popolo d'Israele... .
Si è anche detto che la donna era depressa, come se questa fosse una giustificazione morale del suo atto; ed anche questa scusante ha lo stesso livello di demenzialità di quelle disposizioni della nuova legge sulla legittima difesa che vorrebbero considerare un'attenuante l'aver sparato per difendersi in uno stato di agitazione e paura: a rigor di logica, a chi si fa prendere dall'agitazione con un'arma in mano, andrebbe tolto il permesso di detenerla, altro che attenuante!
Non parliamo poi di un'altra presunta sofferenza della donna, che sicuramente sarebbe stata impugnata da un avvocato difensore: il fatto che suo padre s'era impiccato trant'ann prima. Dico 30 anni prima. In pratica, in un'altra vita.

In realtà, l'aver ucciso il figlio a freddo denota un atto guidato da uno sconfinato egoismo-egocentrismo, altro che amore! Solo per un imbecille, sparare in testa ad un figlio sano e diciassettenne può costituire un atto d'amore.
Il problema di molte mamme poco coscienti è che considerano i propri figli come parti di sé e non come persone altre, capaci d'intendere, di volere e di autodeterminarsi.
Questa sindrome genitoriale ha condizionato anche l'accanimento terapeutico protratto ai danni del piccolo Charlie Gard, già condannato a morte dal suo DNA - e, simbolicamente, dal suo stesso nome(*) - ma mantenuto in vita a soffrire per il compiacimento dei suoi genitori.


*) Siccome i media di regime concentrano morbosamente la loro attenzione quasi esclusivamente su casi di cronaca che veicolano un determinato simbolismo, va ricordato che l'appellativo "Charlie" nel gergo militare USA sta per "nemico". Ovviamente non posso affermare se nello specifico questo dato riveste un ruolo significativo.

Per quello che ho osservato in vita mia, ed anche che ho subito sulla mia pelle, dico spesso che se un figlio sopravvive alla propria mamma, è temprato per qualsiasi prova, e questa vicenda conferma ancora una volta la mia opinione.
In tal modo, la Comandante dei Vigili in questione (a cui io non avrei mai affidato un'arma per il semplice motivo che le mentalità tipicamente femminili non sono strutturate per gestire al meglio situazioni ed oggetti pericolosi) ha presunto autonomamente, in pieno disprezzo della capacità intellettuale del figlio, che quest'ultimo non sarebbe stato in grado di gestire il dolore derivante dal suo suicidio e allora, "solo" perché aveva deciso lei di uccidersi, ha pensato "bene" di stroncare il diritto alla vita di suo figlio. E quest'atto schifoso ed irrispettoso della vita altrui, per i media di regime sarebbe un atto d'amore!
Speriamo che nessuno mi ami mai a tal punto.