Il Tav Torino-Lione nasce ventuno anni fa, quand’era
appena caduto il Muro di Berlino, al governo c’erano Andreotti e Cirino Pomicino
e alle Ferrovie Lorenzo Necci. Poi, guardacaso, Tangentopoli li ha spazzati via
tutti. Un’altra era geologica, quando i politici erano in preda a una
supersonica “invidia del pene” e come modello di sviluppo inseguivano ancora la
Muraglia Cinese e la Piramide di Cheope. Poi sappiamo che cosa ci han lasciato
di grosso, in eredità: il debito pubblico . Il primo studio di fattibilità
commissionato dalla Regione Piemonte 21 anni fa stimava che i passeggeri fra
Italia e Francia sarebbero aumentati da un milione e mezzo a 7 milioni e 700.000
in dieci anni. Invece adesso sono 700.000: un decimo del previsto. Infatti il
vecchio treno diretto Torino-Lione è stato soppresso da un
pezzo.
Allora si è detto: siccome la nuova linea non serve per i passeggeri, che non ci sono più, servirà per le merci. E il progetto ha cambiato nome: da “alta velocità” a “alta capacità”. Adesso, a parte l’idea folle di fare una nuova ferrovia per portare le rape e le fave mezz’ora prima da Torino a Lione, basta dare un’occhiata ai dati del traffico merci fra l’Italia e la Francia, che è salito fino al 2000 e da allora è colato a picco. L’ufficio federale dei trasporti svizzero calcola che nel 2000 viaggiavano 8 milioni di tonnellate di merci; oggi ne viaggiano due e mezzo, anche perché ormai il grosso passa dal Gottardo e dal Brennero. Basta appostarsi lungo la ferroviaria Torino-Modane e osservare: l’80-90% dei treni merci passa completamente deserto. Anche perché abbiamo speso un sacco di soldi per potenziarla, la Torino-Modane, che ora potrebbe trasportare 20 milioni di tonnellate e invece ne trasporta due o tre al massimo.
Cioè, nessuno usa la linea esistente: e noi, furbi, ne facciamo una seconda. Con un cantiere che durerà 15 anni, scaverà per 57 chilometri una montagna piena di amianto e materiale radioattivo – perché noi siamo molto furbi: come se non fosse bastata l’Eternit, a insegnarci qualcosa. E dove lo mettiamo il milione di tonnellate di detriti, per giunta in parte tossici, che usciranno da quel buco? E quanti Tir ci vorranno per portarli via? Con quanta CO2 e quanto inquinamento? E che fine farà il turismo, nel frattempo? E le infiltrazioni della ‘ndrangheta in quella regione? Qualcuno ci ha pensato? E chi curerà le 10.000 persone che si prevede possano ammalarsi per le polveri e lo smog da cantiere, visto che è previsto addirittura un +10% di malattie cardiache e respiratorie? Per questo, non è vero che il Tav è inutile. Il Tav Torino-Lione è dannoso per l’ambiente e le falde acquifere (chiediamo ai toscani cos’è successo con il Tav tra Firenze e Bologna), è dannoso per la vita e per la salute degli abitanti della val Susa, ma soprattutto per le casse dello Stato.
Dicono che l’Europa dovrebbe pagare il 30-40% dell’opera ma non è vero niente, non c’è niente di sicuro: finora ha stanziato solo 600 milioni per il tunnel esplorativo, il resto è tutto da vedersi. E gli accordi con la Francia prevedono che l’Italia pagherà il 57% di un’opera che passa solo per il 30% sul nostro territorio: siamo sempre più furbi. Alla fine il Tav dovrebbe costare nell’ipotesi “maxi” 18-20 miliardi, cioè quanto basterebbe per cablare tutta l’Italia a 100 megabyte, o – nella versione “low cost” – 8 miliardi: tanti quanti la Gelmini ne ha tagliati alla scuola, alla ricerca e all’università negli ultimi tre anni. Ogni traversina del Tav è un banco di scuola, una culla di asilo nido, un posto letto di ospedale e di ospizio, un insegnante in meno. E questi sono solo i preventivi, che di solito, all’italiana, raddoppiano o triplicano. Basta vedere quello che abbiamo speso per gli altri Tav già fatti, quelli utili, come per esempio la Torino-Milano su cui nessuno si è opposto: abbiamo speso 73 milioni di euro a chilometro, mentre la Francia ne spende 10 e la Spagna 9.
Dicono: ma in Francia stanno scavando. Intanto non è vero: è tutto fermo anche lì, manca ancora il progetto definitivo fino a Lione. Hanno fatto solo tre cunicoli esplorativi e poi hanno tappato tutto, in attesa di tempi migliori: infatti i giornali francesi se ne strafottono di quello che succede dall’altra parte della montagna, perché non interessa nessuno. E comunque in Francia, quando scavano, scavano solo nella terra, mentre da noi scavano soprattutto nelle nostre tasche. E di solito il differenziale dei costi fra Italia e Europa, lo spread del magna-magna, ha un nome soltanto: tangenti. Basta aspettare. Il sospetto che, dietro, ci sia qualcosa di non detto aumenta quando si sentono parlare i difensori del Tav.
Prima c’erano i politici che ripetevano: «Il Tav si deve fare perché si deve fare, punto». A “Report”, il governatore piemontese Roberto Cota, col suo sguardo penetrante tipico della triglia lessa, ha risposto alle cifre dei No-Tav dicendo la seguente “supercàzzola”: «La Tav apre il Piemonte e tutto il sistema-paese all’Europa : prima di tutto, è un’apertura psicologica, di prospettiva». Ecco, più che psicologica sembrerebbe psichiatrica, visto che il Piemonte è già collegato all’Europa e alla Francia, dato che il traforo del Fréjus l’hanno inaugurato nel 1871 – all’insaputa di Cota, naturalmente. E meno male che la Lega Nord difende la volontà popolare, il radicamento nel territorio, il popolo sovrano, il “dio Po” che difende i popoli da scelte imposte da “Roma ladrona”. Il popolo della val Susa dev’essere figlio di un Po minore, perché non viene preso in considerazione.
Sempre a “Report”, l’ex sottosegretario alle infrastrutture del governo Berlusconi, Giachino, disse un’altra “supercàzzola” memorabile: «Il Tav consentirà di collegare le merci da Torino a Lisbona, fino a Kiev». Una super-mega-transiberiana, senza spiegare quali sarebbero queste merci che dovrebbero partire dal Portogallo e arrivare addirittura – marce, naturalmente – in Ucraina. E perché mai dovrebbero fare una capatina a Torino? Forse per visitare la Sindone o il Museo Egizio? I politici non dicono mai niente di esatto, di preciso: dicono una “supercàzzola” dopo l’altra, però sono quasi tutti d’accordo: quelli attualmente presenti in Parlamento sono tutti d’accordo sul Tav, centrodestra e centrosinistra. Uno dei più scatenati è il Pd: il sindaco Fassino ha detto che i No-Tav sono anti-storici. Un po’ come chi, quarant’anni fa, credeva nel comunismo sovietico. Chiamparino voleva addirittura espellere dal centrosinistra tutti quelli che erano contro la Tav. Poi ha scoperto la sua vera vocazione: ora fa il banchiere.
Il Pd piemontese ha minacciato di togliere la tessera agli iscritti che manifestano contro il Tav, manco fossero dei pregiudicati o degli inquisiti – anzi, no: se fossero degli inquisiti la tessera non gliel’avrebbero tolta: Penati ce l’ha ancora, è soltanto sospeso. Bersani l’ha ripetuto anche stasera: in fondo, il Tav è solo un treno. Non è solo un treno: è una linea ferroviaria che scava 57 chilometri nella montagna. E che, guardacaso, è appaltata a una cooperativa rossa, la Cmc di Ravenna, molto nota alle cronache (soprattutto giudiziarie) per i suoi vecchi rapporti con Primo Greganti: siamo passati da “falce e martello” a “calce e martello”. Ha scritto bene Adriano Sofri ieri su “Repubblica”: «Il partito trasversale pro-Tav è il Partito Preso, cioè quello che dice “ormai non si può più tornare indietro” e non spiega mai perché. Il Partito dell’Ormai. Il Tav è una nuova religione rivelata, fondata su un mistero sacro, calato dall’alto, quindi indimostrabile ma indiscutibile: il dogma dell’Immacolata Costruzione».
Infatti, nessuno si confronta mai con i dati degli economisti de “LaVoce.info”, del “Sole 24 Ore” (che è un noto organo dei centri sociali) o dei 360 professori universitari e professionisti che si sono riuniti insieme a Luca Mercalli, Ivan Cicconi e i professori Marco Ponti e Sergio Ulgiati e hanno lanciato quel famoso appello a Monti. Gli hanno detto: caro Monti, hai avuto coraggio nel respingere l’assalto olimpico di “Roma 2020”, possibile che non dimostri lo stesso coraggio ripensando un’opera così superata e così costosa? Anche quelli sono tecnici, anche se non sono al governo: per essere tecnici non è necessario essere ministri. Anzi, ci sono tecnici che non sono ministri, la pensano diversamente dai ministri tecnici e magari sono molto più tecnici dei ministri tecnici.
I 360 esperti citano per esempio uno studio di due ricercatori del Politecnico di Milano, Beria e Grimaldi, sulla grave sofferenza in cui versano tutte le linee di alta velocità in Italia. Poi c’è uno studio dell’università di Oxford su 260 grandi infrastrutture trasportistiche in ben 20 nazioni. Si dimostra che tutte le previsioni sui costi vengono regolarmente sottostimate, e tutte le previsioni sui benefici vengono regolarmente sovrastimate. Tant’è che quell’analisi si intitola: “La peggiore infrastruttura è sempre quella che viene costruita”. Altri ricercatori, svedesi e americani, hanno dimostrato che le grandi infrastrutture ferroviarie non risparmiano energia: la consumano. Quindi, inquinano molto più dei Tir che si vorrebbero togliere dalla strada.
Sono tutti professori, mica
anarco-insurrezionalisti: non insultano i poliziotti, non tirano pietre, non si
arrampicano sui tralicci, non sporcano e non urlano; chiedono solo un tavolo, un
tavolino, per discutere pubblicamente come si fa tra tecnici: cioè con i dati e
con le cifre, e nient’altro. E’ quello che chiedevano i No-Tav quando non c’era
ombra di violenza, nel movimento. Solo che, quando non c’era la violenza, non li
ascoltavano perché non erano violenti. E così qualcuno, sbagliando, ha pensato
che per farsi notare e ascoltare bisognasse diventare violenti: e ha molto
sbagliato, a fare questo. Ora, i tecnici di governo parlano come i politici. Il
ministro Passera ha detto: i lavori devono proseguire, punto e basta. Perché?
Perché sì. Bell’argomento: un argomento tecnico. Si è iscritto anche lui al
Partito Preso.
In realtà, “proseguire” i lavori è un verbo sbagliato,
perché i lavori non esistono: il cantiere è finto, i lavori dovrebbero semmai
“cominciare”: pochissimi operai, l’abbiamo visto, e moltissimi poliziotti. I
poliziotti, anche loro, come i valligiani, sono le vere vittime di questa
politica e di questi tecnici che non ci mettono mai la faccia: forse perché non
ce l’hanno più o forse perché ormai sono al 4% di fiducia, come diceva Ainis.
Nessuno nega che tra i manifestanti ci siano dei violenti, e nessuno nega che
anche tra le forze dell’ordine ci siano dei violenti, anche se lì è più
difficile individuarli perché sono nascosti sotto i caschi, ma la gran parte fa
il suo dovere. Come fa il suo dovere il procuratore Caselli, minacciato di morte
e insultato con slogan orrendi, paragonato addirittura ai terroristi e ai
mafiosi che ha combattuto per tutta la vita, solo perché ha fatto arrestare 25
attivisti accusati di violenze – tra l’altro, quasi tutti venuti da fuori della
val di Susa.
Ma non è stato mica Caselli a decidere di militarizzare la
valle, lui si è limitato a perseguire i reati. Gli ordini li danno i politici,
quelli del 4%, quelli che oggi si defilano e lasciano la patata bollente ai
tecnici: forse perché temono di non essere credibili, o magari perché temono che
qualcuno gli ricordi che il movimento operaio in Italia è nato proprio con i
blocchi stradali e con le occupazioni delle terre. E’ credibile forse un ex
banchiere come Passera che ora fa il ministro e che ha scelto come vice-ministro
delle infrastrutture un altro ex banchiere amico suo e socio suo in Banca
Intesa, che prima le infrastrutture le finanziava e ora le dovrebbe controllare
e deliberare? Sono credibili i ministri, politici e tecnici, che hanno
militarizzato una valle per proteggere un cantiere che non esisteva? Che
ordinano ai poliziotti di accogliere nelle stazioni in assetto antisommossa i
manifestanti pacifici e di caricarne qualcuno? O di inseguirli fino in cima agli
alberi?
Ecco, che bisogno c’era di far inseguire quel ragazzo sopra al
traliccio? Possibile che davvero in Italia chiunque si arrampichi su un
traliccio venga regolarmente inseguito da un rocciatore dei carabinieri oppure è
un trattamento ad personam che riserva soltanto ai No-Tav? Lo dico perché un
mese fa a Milano c’è stata una manifestazione secessionista della Lega. Alcuni
milanesi hanno accolto i manifestanti srotolando la bandiera tricolore. La Digos
gliel’ha fatta ritirare – il tricolore, non quella secessionista – per non
provocare i leghisti. E’ il mondo alla rovescia, perché la bandiera nazionale è
legalità e la secessione è illegalità. Però si può capire, la scelta della
polizia: voleva evitare inutili tensioni e inutili scontri. Siamo sicuri che si
stia cercando di evitare inutili tensioni e inutili scontri in valle di Susa?
Perché non si cerca di fare anche lì quello che si è cercato di fare a Milano
tra i leghisti e i tricolori? Soprattutto: perché i tecnici non fanno finalmente
i tecnici e non rispondono, su quel tavolino da tecnici, alle obiezioni dei
tecnici No-Tav con degli argomenti tecnici pro-Tav, se li hanno? Se non lo fanno
non sono dei tecnici: sono dei cialtroni, e anche un po’ provocatori. E nessuno,
a quel punto, toglierà dalla testa a molta gente che questa non sia l’alta
velocità, ma l’alta voracità.
-
-
di Marco Travaglio, visto su ComeDonChisciotte
Mi preme solo osservare che, a differenza di quello che ritiene Marco Travaglio, se è il popolo sovrano a volere una secessione, nessuno Stato ha il diritto di impedirlo.