Il primo articolo della nostra pur buona Costituzione - per quanto esautorata dalla Costituzione Europea (al secolo Trattato di Lisbona) - parte da un presupposto quanto meno equivoco: che l'Italia sia una Repubblica (democratica) "fondata sul lavoro".
Quest'asserzione è semanticamente priva di senso, ciò nonostante viene citata spesso come alto riferimento morale in particolar modo dalle formazioni più populiste nell'accezione classica del termine, non in quella distorta ed orwelliana in uso oggi.
Di conseguenza, per gran parte degli individui spersonalizzati che compongono la nostra società (in)civile, il lavoro in quanto tale assurge al rango di fine e non di mezzo quale dovrebbe essere, tanto che c'è gente che si suicida perché non riesce a sopportare la propria condizione di disoccupazione pur non avendo
problemi di sopravvivenza! Si potrebbe arrivare ad affermare che, in determinati contesti e sotto determinati aspetti, il lavoro sia un bisogno imposto dal Mercato e che la sua retribuzione sia solo un effetto collaterale benefico ma non essenziale. C'è gente infatti che si sente perfettamente appagata anche svolgendo lavori non retribuiti ed a esclusivo beneficio altrui (volontariato, pubblica utilità).
problemi di sopravvivenza! Si potrebbe arrivare ad affermare che, in determinati contesti e sotto determinati aspetti, il lavoro sia un bisogno imposto dal Mercato e che la sua retribuzione sia solo un effetto collaterale benefico ma non essenziale. C'è gente infatti che si sente perfettamente appagata anche svolgendo lavori non retribuiti ed a esclusivo beneficio altrui (volontariato, pubblica utilità).
Se il postulato dell'articolo uno sembra non possedere alcun presupposto logico, ad una lettura più approfondita, dietrologica e "complottista", quanto espresso appare sinistramente chiaro: il lavoro dev'essere considerato un fine ultimo e non un mezzo da parte delle masse dei dominati.
Un fine il cui scopo precipuo dev'essere l'impedire una crescita spirituale (ed anche materiale) di ogni individuo, regredito al rango di mera unità lavorativa.
Nella vecchia Unione Sovietica, questo concetto deviante lo avevano compreso ed applicato molto efficacemente: un lavoro era garantito ed obbligatorio per tutti, a prescindere dalla sua utilità pratica.
Per mettere in pratica questa pianificazione, in mancanza di attività realmente produttive ed utili per le Repubbliche, il proletariato era impiegato nel taglio dei boschi il cui legname di risulta veniva trasportato in apposite segherie che lo riducevano in tagli sempre più piccoli fino a ridurli in segatura che veniva regolarmente bruciata a cielo aperto alla fine di ogni processo distruttivo. In tal modo si ottenevano diversi risultati: 1) tenere impegnate le persone, impedendo loro di avere tempo libero a sufficienza per crescere culturalmente e spiritualmente oltre a negare loro la possibilità di partecipare alla vita pubblica e politica. 2) assicurare un preciso ordine sociale che costituisce un distintivo qualificativo di qualsiasi assetto sociale. 3) giustificare una distribuzione etica del reddito. 4) dimostrare a sé stessi ed al resto del mondo che il sistema sovietico funzionava perfettamente.
Oggi, la funzione alienante del lavoro è assolta dalle armi di distrazione di massa, per cui si pensa più ad istituire un Reddito di Cittadinanza per tenere tranquilla ed appagata la gente che a creare nuove occasioni di lavoro, impossibili da creare in un Paese sempre più smembrato, sovrappopolato ed in recessione economica. Ma anche se così non fosse, con l'aumentare della produttività dovuta all'automatizzazione dei processi produttivi, è chiaro che nel caso l'umanità riuscisse ad evolvere realmente verso un mondo progredito (e non solo tecnologicizzato), il lavoro non occuperebbe più il terzo circa del tempo che SOTTRAE alle nostre vite. Enfatizzo il verbo sottrarre perché dev'essere chiaro che il lavoro nella sua accezione corrente non può essere considerato una parte della nostra vita attiva, quella che viviamo per noi stessi, l'unica che vale la pena di essere vissuta.
Il principale aspetto del delirio d'onnipotenza che sembra pervadere l'Uomo tecnologico degli ultimi tempi è l'assoluto volontà di controllo della materia e degli elementi. In base a questa volontà di potenza - come l'avrebbe definita Nietzsche - non esiste più settore in cui l'Uomo non voglia e non abbia messo le mani per modificarlo o per migliorarlo secondo i suoi parametri arbitrari: in base a questo, non possono esistere ad esempio cani randagi (ovvero liberi e sovrani di loro stessi) ma vanno tutti inquadrati e "microcippati" quale sperimentazione di futura, prossima applicazione della stessa tecnologia sulle masse umane schiavizzate.
L'esercito statunitense, nel famigerato documento programmatico "Owning The Weather", intende "possedere il clima entro il 2025" e decidere programmaticamente dove e quando debbano verificarsi determinati fenomeni meteorologici, anche se la guerra climatica è espressamente vietata dagli accordi internazionali. Ma gli USA se ne sono sempre allegramente strafregatri degli accordi e soprattutto in caso di strategie belliche, non si sono fatti mai scrupoli di utilizzare armi espressamente vietate dai trattati.
In Italia e non solo, Il bosco scuro ed il lupo cattivo sembrano degli spauracchi archetipici che ancora fanno una grossa presa sul pubblico: quando si procede alla devastazione di un'area naturale, la si definisce ipocritamente "pulizia", senza rendersi conto che si sta definendo con un'accezione positiva quella che è a tutti gli effetti la soppressione della vita vegetale e di conseguenza animale di un determinato territorio: disboscare dovrebbe essere un'azione da compiere con molta oculatezza dopo un'attenta valutazione del contesto naturale, ed invece oggi in Italia siamo al punto in cui l'ultimo Testo Unico (03/04/2018) sulle foreste prevede che l'unico metodo di gestione del patrimonio forestale sia la silvicoltura. Questa metodica drastica ed arbitraria prevede il taglio degli alberi dopo pochi mesi di vegetazione, la conseguenza di ciò è che l'ambiente naturale permane in un costante stato di adolescenza senza mai pervenire ad uno stato di maturità tale da creare quello che viene definito un ecosistema ovvero un sistema naturale autonomo perfettamente in grado di auto rigenerarsi che integri quindi la vita vegetale con quella animale.
Se con un'analisi superficiale si può pensare che tale volontà distruttiva derivi semplicemente dall'incompetenza dei nostri governanti abusivi, indagando più a fondo si scopre che la legna di risulta è utilizzata per alimentare le famigerate centrali a biomasse stile Marcegaglia.
Questo ci fa capire che se la pervicace, sconveniente e dannosissima capitozzatura a cui sono soggetti loro malgrado (e a danno dei cittadini) gli alberi che formano il verde urbano è spesso messa in atto unicamente per far lucrare le cooperative rosse in piena logica post-sovietica, per quanto riguarda la più ampia gestione delle foreste siamo al puro delirio delinquenziale: si stanno distruggendo gli habitat naturali per alimentare le centrali a biomasse, questo in un'era tecnologica in cui si sta pensando di affrancare l'umanità dal dover produrre energia bruciando qualcosa come abbiamo fatto negli ultimi milioni di anni!
Il fisico nippo-statunitense Michiu Kaku definisce le civiltà che basano la loro tecnologia sulla combustione di materia organica come "civiltà di tipo zero". Stiamo guardando allo spazio ma non ci siamo nemmeno evoluti al livello uno.