venerdì 2 giugno 2017

Il problema psichiatrico dell'autorazzismo


Il concetto di razzismo è una mera astrazione intellettuale, formatasi abbastanza di recente in alcuni contesti culturali, tra quelli abbastanza evoluti da saper inquadrare questo meccanismo di difesa nella dotazione istintiva di ogni essere umano. Qualsiasi bambino che si affacci al mondo è naturalmente diffidente nei confronti di chi non riconosce della propria famiglia ed ancor più di persone che non rientrano negli standard che archiviato nella sua giovane memoria. Naturalmente, questo processo è inibito in una società multirazziale ed in una famiglia di tipo allargato ma ciò non significa che non sia radicato naturalmente nel nostro inconscio.



L'Homunculus corticale
Il 20% della massa cerebrale è deputato al riconoscimento dei volti: non a caso ognuno di noi, con una sola occhiata, è capace di riconoscere con assoluta certezza un familiare o un amico e con grande approssimazione anche assegnare una probabile provenienza ad uno straniero mai visto prima.
Questa predisposizione non può essere casuale: significa che il poter capire in un attimo con chi si ha a che fare, nel corso dell'evoluzione ha sicuramente avuto un'importanza vitale. Nessuno ha sentito la necessità di definire la diffidenza verso uno sconosciuto fino a che la società non si è evoluta dal punto di vista etico e morale. Ora sembra normale definirla "razzismo" ed il termine viene per lo più utilizzato per biasimare pulsioni altrui, spesso senza comprenderne le motivazioni e ancor più spesso in maniera impropria, pretendendo di ravvisare idee o comportamenti razzisti per definizione, in contesti in cui di razzismo non si vede neanche l'ombra. Il semplice buon senso è spesso scambiato per razzismo.

Una delle contraddizioni più comuni è quella che porta ad accusare di razzismo coloro che semplicemente si avvedono dell'esistenza delle razze umane (e magari sono affascinati dalla ricchezza di biodiversità nell'ambito della specie umana). Dal punto di vista logico, nessuno può proferirsi "antirazzista" se prescinde dalle differenze razziali eppure il principale assioma a cui fa riferimento la quasi totalità dei sedicenti antirazzisti è che le razze umane... non esistono! Ma come si fa ad essere antirazzista se le razze non esistono? Contro cosa ci si batte, contro un presupposto inesistente?

Il Pensiero Unico che ormai permea ogni aspetto dell'etica e della morale comune in Occidente, ammette unicamente posizioni (sedicenti) antirazziste, gender, globaliste, liberiste, filostatunitensi, sioniste, filoislamiche, relative all'inesesistente fenomeno del Global Warmig, ecc. il tutto in maniera acritica quanto priva di presupposti logici: come dire si fa così e basta, operando una fondamentale imposizione di pensiero che impedisce qualsiasi analisi serena e documentata.
Naturalmente, il Pensiero Unico ha necessità di imporsi in questo modo perché i suoi presupposti si sbriciolerebbero contro qualsiasi analisi intellettuale.

Il Buon Senso oggettivo, anarchico ed incondizionato, dovrebbe essere il principale presupposto di ogni scelta umana ed invece nella sua priorità è sovrastato da retaggi e convenzioni umane di cui spesso, ai più, ne è ignota l'origine. Esattamente come un comportamento ritualizzato di cui si è dimenticata la funzione originaria.
Ad esempio, non andiamo nudi per strada come gli animali perché... perché?
Forse perché - per quanto mi riguarda - è innanzitutto poco pratico, stante la particolare conformazione fisica di uomini e donne. Ma forse anche perché la quasi totalità delle religioni è sessuofoba ed orientata principalmente a disciplinare, con articolati comandamenti, l'utilizzo degli organi genitali dei fedeli. Tra i 613 che Jahweh impose ai suoi seguaci, ce n'erano diversi che riguardavano quest'ambito, non solo i due che furono estrapolati e che finirono tra i 10 tramandati dalla tradizione cristiana. Per altro, quelli dell'El ebraico avevano validità solo tra i componenti del suo popolo: al di fuori, ogni violenza non solo era ammessa ma addirittura incentivata. Ben oltre il razzismo, potrebbe definirsi etnofobia, ma in ogni caso funzionale - anche troppo - alla difesa del gruppo sociale.

Oggi, l'evoluzione culturale ci ha riservato una brutta sorpresa: non solo siamo inibiti in un primario istinto di protezione ma addirittura si spinge per scatenare odio e diffidenza contro la stessa etnia a cui apparteniamo, zavorrandola da inesistenti peccati originali costituiti da razzismo e indifferenza che per espiare i quali, ci obbligano all'autosoppressione etnica.
 E se non è una patologia psichiatrica questa... !