domenica 24 aprile 2011

Anche in Italia ci sarà il carcere per i negazionisti?

Su decisione dell’Unione Europea, ogni Paese dovrà inserire nel proprio ordinamento giuridico una legge che punisce chi nega l’Olocausto.
Lo spiega in un’intervista l’avvocato penalista Roberto De Vita.

Quali sono i limiti posti dall’ordinamento al diritto di espressione e al diritto di parola?

La libera manifestazione del pensiero è diritto soggettivo fondamentale ed irrinunciabile in ogni ordinamento democratico e riceve riconoscimento e tutela nell’art. 21 della Costituzione italiana, nell’art. 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nell’art. 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nell’art. 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani delle Nazioni Unite e nell’art. 19 del Patto internazionale di New York sui diritti civili e politici.

Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche. Nell’ordinamento europeo l’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto a restrizioni o sanzioni che costituiscano misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui; tale esercizio incontra, altresì, il divieto dell’abuso di diritto in ragione del quale non può interpretarsi la portata di una norma (di libertà) nel senso di comportare il diritto di esercitare un’attività o compiere un atto che miri alla distruzione dei diritti o delle libertà altrui. Nell’ordinamento internazionale è convenzionalmente stabilito che, l’esercizio delle predette libertà fondamentali, possa essere sottoposto a limitazioni o sanzioni in ragione della necessità di tutelare (tra gli altri) il rispetto dei diritti o della reputazione altrui, l’ordine pubblico o la morale. Nell’ordinamento italiano l’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero incontra i limiti del cosiddetto bilanciamento delle tutele costituzionali, ovvero sono considerate legittime le restrizioni o sanzioni poste a presidio della necessità di garantire altri beni e diritti di pari o superiore rilevanza costituzionale.

Tuttavia la Corte delle leggi, in relazione all’art. 21 della Costituzione, ha nel tempo affermato come siano compatibili con il diritto fondamentale della libertà di manifestazione del pensiero solo quelle restrizioni o limitazioni che non solo trovino giustificazione nella necessità di tutelare altri diritti o libertà fondamentali ma che attengano a condotte che possano ritenersi effettivamente (seppur anche solo potenzialmente) “pericolose” per la conservazione dei medesimi. All’estero quali sanzioni vi sono per il reato di negazionismo? L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (Risoluzione n. A/RES /61/255 del 26 Gennaio 2007) ha condannato, senza riserva alcuna, qualsiasi forma di “denial of the Holocaust”, richiedendo con urgenza a tutti gli Stati Membri di introdurre misure di condanna di ogni forma di negazione dell’Olocausto come accadimento storicamente accertato, e precisando come il negazionismo rappresenti in sé un aumento del rischio che tali terribili eventi possano ripetersi.

L’Unione Europea (Decisione Quadro 2008/913/GAI del Consiglio del 28 novembre 2008), adottata nell’ambito delle politiche normative di contrasto a talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia, ha stabilito (tra l’altro) che gli Stati membri devono obbligatoriamente introdurre nella legislazione nazionale fattispecie di reato che consentano di punire direttamente “l’apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, quali definiti agli articoli 6, 7 e 8 dello Statuto della Corte penale internazionale, e dei crimini definiti all’articolo 6 dello statuto del Tribunale militare internazionale, allegato all’accordo di Londra dell’8 agosto 1945”.

La Decisione Quadro richiede altresì che la legislazione degli stati membri preveda, per tali condotte delittuose, la pena della reclusione per una durata massima compresa almeno tra uno e tre anni. Molti paesi, europei e non, hanno già da tempo introdotto norme penali volte a sanzionare in via diretta condotte di negazionismo, altri hanno provveduto (o stanno provvedendo) più recentemente ad adeguare la loro legislazione interna agli indirizzi derivanti dall’ordinamento internazionale; in ogni caso tutti i paesi membri dell’Unione Europea dovranno obbligatoriamente provvedere in materia. Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Cipro, Francia, Germania, Ungheria, Israele, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Svizzera, hanno diposizioni penali specifiche che puniscono il “genocide denial” ovvero anche direttamente l’ “holocaust denial”, seppur con differenze in ordine alle concrete condotte sanzionabili ed alle pene comminabili. Alcuni paesi europei, tra cui quelli di common law e di tradizione scandinava, hanno rappresentato aspetti di problematicità in ordine alla compatibilità costituzionale di norme penali che sanzionino il negazionismo in quanto tale ed in tal senso il Consiglio dell’Unione Europea ha previsto specificatamente che gli Stati membri possano decidere di rendere punibili soltanto quelle condotte negazioniste che siano ritenute atte a turbare l’ordine pubblico o che siano minacciose, offensive o ingiuriose.

Tale previsione consentirebbe altresì alla Spagna di superare il giudicato Costituzionale che nel 2007 dichiarò illegittima la norma penale che sanzionava la diffusione di tesi negazioniste a prescindere da ogni valutazione di pericolosità (in astratto o in concreto) o comunque di potenziale offensività delle stesse. In Olanda, seppur non è ancora stata introdotta un fattispecie sanzionatoria specifica, i Tribunali penali e la Corte suprema hanno giudicato più volte (anche recentemente) la negazione dell’olocausto come “defamatory statements about Jews” e pertanto penalmente sanzionabile. In breve, e limitando il ragionamento ai soli paesi europei, tutti gli Stati membri della UE (a prescindere dagli obblighi comunque ineludibili derivanti dalla richiamata decisione quadro) hanno provveduto o stanno provvedendo ad introdurre specifiche fattispecie di reato sulla base di un comune sentire: negare la Shoà, così come negare altri crimini di genocidio accertati da corti internazionali e patrimonio consolidato della storiografia e della memoria tragica dei popoli, altro non è che farne apologia e diffondere le “ideologie” che a tali mostruosità hanno portato, attraverso strumentali mistificazioni e falsificazioni di carattere ascientifico e astorico che non possono trovare riparo (pena il menzionato abuso di diritto)nella libertà di manifestazione del pensiero. Ovviamente, stante la necessità di salvaguardare la specificità delle tradizioni giuridiche dei diversi paesi, l’Unione Europea (fermo l’obbligo menzionato e l’obiettivo comune) consente che siano i singoli Stati membri ad individuare il concreto atteggiarsi delle disposizioni penali domestiche.

Come giudica l’idea di estendere tale reato anche in Italia? E che tipo di sanzioni potrebbero essere previste?


L’Italia dovrà necessariamente provvedere ad introdurre, accanto alle norme che già sanzionano l’apologia di genocidio, una fattispecie penale che sanzioni in via diretta condotte di negazione o di minimizzazione grossolana dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, alle condizioni stabilite dalla Decisione Quadro della UE . Al fine di superare eventuali perplessità sulla compatibilità costituzionale di una disposizione di tale indirizzo, si dovrà attentamente considerare il portato della giurisprudenza costituzionale in materia di reati di opinione, mutuare indirizzi dall’esperienza della legislazione di altri paesi e dagli interventi delle relative Corti Costituzionali e provvedere a delimitare con grande precisione il perimetro di una fattispecie penale di così rilevante importanza (sotto il profilo dei beni che intende proteggere) e di inevitabile impatto sull’interpretazione dell’art. 21 della Costituzione che tutela nel nostro ordinamento la libertà di manifestazione del pensiero.

Tuttavia, la tutela di tale imprescindibile e fondamentale libertà non rappresenta un ostacolo all’introduzione di una norma penale sanzionatoria del negazionismo, come dimostrato non solo dall’esperienza di altri paesi ad elevata tradizione nella salvaguardia delle libertà fondamentali, non solo dallo stato delle determinazioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e degli atti normativi adottati dall’Unione Europea, ma come altresì chiaramente confermato da una pluralità di decisioni adottate sia dal Comitato dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite sia dalla European Court of Human Rights che, chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità della legislazione penale domestica di alcuni paesi europei con le norme della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ha affermato come “la manifestazione di opinioni negazioniste dell’Olocausto integra un abuso del diritto di espressione previsto dall’art. 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo giacché, sostenendo la negazione o la revisione di fatti storici definitivamente stabiliti, rimette in causa i valori che fondano la lotta contro il razzismo e l’antisemitismo e comporta un pericolo per l’ordine pubblico. Conseguentemente, il suo perseguimento da parte della legislazione nazionale costituisce un’ingerenza legittima ed una misura necessaria in una società democratica”.
G.K.
www.shalom.it/J/index.php?option=com_con...p;Itemid=1&ed=39

Written by G.K. dal mensile ebraico "Shalom" Friday, 25 March 2011
integralmente tratto da Gianluca Freda blogghete